Domande generiche che lasciano spazio alle risposte più disparate

Esempio 1 (diario MDPAL, seconda primaria)
L’insegnante propone questo schema:
FAQ 1
Insegnante: «Bene, osservate questo insieme di parole. Cosa notate? Cosa vi colpisce?»

Esempio 2 (diario ArAl-MDPAL, quarta primaria)
L’insegnante presenta alla lavagna questi due disegni:
FAQ 2
Insegnante: «Cosa ne pensate?»

L’uso di queste domande e di altre simili – «Cosa osservate?», «Cosa possiamo dire?» – peraltro molto diffuso, spontaneo da parte dell’insegnante (in taluni casi forse opportune) in generale desta perplessità dal punto di vista della loro efficacia perché lasciano troppo spazio alle risposte più disparate. E’ vero che il contratto con gli alunni prevede il decentramento nella costruzione delle conoscenze ma l’insegnante è comunque la figura tutor e dovrebbe prevedere, e cercare di evitare, le eventuali difficoltà didattiche che potrebbe incontrare nel guidare le riflessioni degli alunni nella direzione del suo obiettivo.
Le domande dovrebbero invece contenere delle parole indirizzo che orientino gli alunni in questo senso.
Nel primo esempio:
«Notate che ci sia qualcosa in comune tra le parole qui scritte?» oppure:
«Riconoscete dei sottoinsiemi formati da parole che abbiano caratteristiche comuni?»
Questo forse avrebbe evitato che gli alunni si orientassero inizialmente verso la formazione di frasi con un qualche significato utilizzando i termini, cortocircuitando così l’aspetto sintattico (obiettivo dell’insegnante) e ricercando risposte in ambito semantico. Va per altro detto che il tentativo di creare frasi va considerato come un valore in quanto è il risultato di un processo cognitivo assolutamente corretto, secondo cui con la lingua si costruiscono significati che sono espressi in maniera più completa da frasi o da enunciati e non da singole parole. Questo passaggio è da considerarsi assolutamente utile per un lavoro successivo in classe proprio sul concetto di frase. Ma in ogni caso domande come «Cosa notate? Cosa vi colpisce?» opacizzano le intenzioni dell’insegnante.
Anche nel secondo esempio la domanda ha un carattere troppo generale e c’è il rischio concreto che gli alunni osservino di tutto e di più, disperdendo le conquiste fatte nelle fasi precedenti e disorientando l’insegnante che può incontrare difficoltà a ricondurre la lezione nel giusto binario. Ancora una volta si suggeriscono domande più ‘orientanti’, cioè che contengano nella loro formulazione delle ‘parole indirizzo’ che orientino verso l’obiettivo che l’insegnante si pone.

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.